Maria Sofia di Baviera

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Maria Sofia di Baviera
Josef Albert, ritratto fotografico di Maria Sofia di Baviera (1875)
Regina consorte delle Due Sicilie
Stemma
Stemma
In carica22 maggio 1859 –
13 febbraio 1861
PredecessoreMaria Teresa d'Austria
SuccessoreTitolo abolito
Nome completotedesco: Marie Sophie Amalie von Wittelsbach, Herzogin in Bayern
italiano: Maria Sofia Amalia di Wittelsbach, duchessa in Baviera
Altri titoliDuchessa in Baviera
Duchessa di Calabria
NascitaCastello di Possenhofen, 4 ottobre 1841
MorteMonaco di Baviera, 19 gennaio 1925
SepolturaBasilica di Santa Chiara, 18 maggio 1984
Casa realeWittelsbach per nascita
Borbone-Due Sicilie per matrimonio
PadreDuca Massimiliano in Baviera
MadrePrincipessa Ludovica di Baviera
ConsorteFrancesco II delle Due Sicilie
FigliMaria Cristina Pia
ReligioneCattolicesimo

«L'Aquiletta bavara.»

Marie Sophie Amalie von Wittelsbach, Herzogin in Bayern, nota in italiano come Maria Sofia di Baviera (Castello di Possenhofen, 4 ottobre 1841Monaco di Baviera, 19 gennaio 1925), nata Duchessa in[1] Baviera, fu l'ultima Regina consorte delle Due Sicilie.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Infanzia[modifica | modifica wikitesto]

Nata il 4 ottobre 1841 nel castello di Possenhofen, in Baviera, Maria Sofia Amalia era la terza figlia del duca Massimiliano Giuseppe in Baviera e della principessa Ludovica di Baviera, quest'ultima figlia di Massimiliano I, re di Baviera. Maria Sofia Amalia era quindi sorella della ben più nota Elisabetta "Sissi", imperatrice d'Austria. La sua fu una nascita precipitosa, è quasi venuta al mondo nel giardino del castello di Possenhofen a mezzogiorno del 4 ottobre 1841. Appena in tempo, la madre riuscì a raggiungere il salone al piano terra del palazzo, dove avvenne il parto.[2]

Crebbe con i suoi tre fratelli e quattro sorelle tra il castello di Possenhofen e a Monaco di Baviera. Maria divenne una bellezza, con occhi e capelli scuri ereditati dalla nonna paterna, la duchessa Amalia in Baviera[3]; Maria Sofia aveva un portamento nobile e insieme maniere molto graziose»[4].

Fidanzamento e matrimonio[modifica | modifica wikitesto]

«Piuttosto che stare qui, amerei morire negli Abruzzi in mezzo a quei bravi combattenti.»

Nel 1858 fu promessa in sposa, diciassettenne, a Francesco, erede al trono delle Due Sicilie, inizialmente conosciuto solo attraverso l'immagine di una miniatura.

Il matrimonio serviva a rafforzare il legame tra la corona d'Asburgo e i Borbone-Napoli.[6]

Il fidanzamento ufficiale avvenne il 22 dicembre 1858 e il matrimonio fu celebrato per procura l'8 gennaio 1859.[7]

Dopo qualche giorno Maria Sofia fu accompagnata a Trieste, dove era attesa dalle navi borboniche Tancredi e Fulminante, a bordo delle quali arrivò a Bari il 1º febbraio 1859, dove infine incontrò suo marito Francesco e il suocero, il re Ferdinando II, ammalatosi durante il viaggio verso il capoluogo pugliese.[6][7]

Il 7 marzo i reali ripartirono via nave per Napoli e le condizioni di Ferdinando si aggravarono ulteriormente.

Regina delle Due Sicilie[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia 1861,in Argento in omaggio a Maria Sofia
Medaglia del 1861, in argento, coniata in Germania per opera di Friedrich Brehmer in omaggio a Maria Sofia; Ricciardi 275; D'Auria 289

Il 22 maggio 1859 il re morì e Maria Sofia divenne la regina consorte di Francesco II, allora ventitreenne, poi passato alla storia con il nomignolo di Franceschiello.

Fu regina delle Due Sicilie per meno di due anni, fino alla capitolazione di Gaeta del 13 febbraio 1861.

Acquistò popolarità durante l'assedio della piazzaforte di Gaeta, dove la corte si era rifugiata il 6 settembre 1860 per tentare un'ultima resistenza alle truppe piemontesi. Ella cercò di incoraggiare i soldati borbonici, distribuendo loro medaglie con coccarde colorate da lei stessa confezionate, indossò un costume di taglio maschile e prese a recarsi in visita ai feriti negli ospedali di guerra. Quando, poi, a Gaeta la situazione peggiorò sempre più a causa della scarsità di cibo, della diffusa epidemia di tifo e del freddo, il marito la invitò a lasciare la roccaforte, ma la regina Maria Sofia fu irremovibile e volle restare. Così, infatti, riferisce re Francesco II in una lettera rivolta a Napoleone III:

«Ho fatto ogni sforzo per persuadere S.M. la Regina a separarsi da me, ma sono stato vinto dalle sue tenere preghiere e dalle sue generose risoluzioni. Ella vuol dividere meco, sin alla fine, la mia fortuna, consacrandosi a dirigere negli ospedali la cura dei feriti e degli ammalati; da questa sera Gaeta conta una suora di carità in più.[8]»

Grande fu l'ammirazione che ebbe verso la regina il giornalista francese Charles Garnier, presente sul posto[9].

Maria Sofia ebbe il privilegio di veder coniata una medaglia in suo onore, nel 1861, recante al dritto solo la sua effigie e sul rovescio tre corone intrecciate e annodate di felce, alloro e quercia coi motti: LIEBE / MUTH / TREUE (amore, coraggio, fedeltà).

Soggiorno a Roma[modifica | modifica wikitesto]

Maria Sofia fotografata dai Fratelli D'Alessandri, 1865

Dopo la caduta di Gaeta e l'annessione delle Due Sicilie all'Italia, Maria Sofia e il deposto re si rifugiarono a Roma, capitale dell'allora Stato Pontificio, ormai ridotto al solo Lazio. A Roma Francesco II istituì un governo in esilio (che godette soltanto del riconoscimento della Santa Sede e dell'Austria, prima di essere definitivamente sciolto nel 1866) come governo legittimo del Regno delle Due Sicilie.

Nel febbraio 1862 apparvero alcune foto che la ritraevano senza veli e che vennero diffuse in tutte le corti d'Europa. Le foto si rivelarono essere abili manipolazioni nelle quali il capo della regina era stato montato su un corpo di una giovane prostituta, ritratta in pose sessuali molto lascive; le indagini svolte portarono infatti la polizia pontificia all'arresto di Antonio Diotallevi e della moglie Costanza Vaccari, autori del gesto.[10][11]

Le sue ricchezze e tutti i suoi privilegi erano, in un certo modo, compromessi da tali tragedie personali. Il suo matrimonio restò inconsumato per molti anni a causa del fatto che Francesco soffriva di fimosi. La timidezza e il fanatismo religioso del consorte, inoltre, impedivano alla coppia lo sviluppo di qualsiasi tipo di intimità e ciò rese il matrimonio sterile per molti anni. Questo disagio ebbe il naturale sviluppo durante l'esilio romano dei monarchi. Infatti Maria Sofia si innamorò di un ufficiale della guardia pontificia, il conte belga Armand de Lawayss, con il quale ebbe una relazione, e, secondo indiscrezioni mai veramente confermate, rimase incinta. In base questa versione, per nascondere la gravidanza Maria Sofia si recò a casa dei genitori a Possenhofen, dove, su consiglio della famiglia, decise di partorire in segreto per evitare lo scandalo. Il 24 novembre 1862 diede alla luce due gemelle, Daisy e Viola, nel convento di S. Orsola ad Augusta. Daisy venne immediatamente affidata alla famiglia di Lawayss, ma morì qualche anno dopo, e Viola a degli zii materni. Un anno dopo, su consiglio della famiglia, Maria Sofia decise di confessare la relazione a suo marito. Successivamente, il rapporto tra i coniugi migliorò. Francesco si sottopose a un'operazione per ridurre la fimosi e fu in grado di consumare il matrimonio, Maria Sofia rimase incinta ancora e diede alla luce un'altra bambina, chiamata Maria Cristina Pia. La bambina fu tenuta a battesimo dalla zia, l'imperatrice Sissi. Maria Cristina Pia visse solo tre mesi e morì il 28 marzo 1870. La coppia non ebbe altri figli.

Vita successiva[modifica | modifica wikitesto]

Santa Chiara a Napoli: botola che porta alla cripta ove si trovano le spoglie di Francesco II, di Maria Sofia e della loro figlia morta a 3 mesi

A seguito della presa di Roma da parte delle truppe del Regio Esercito e della dissoluzione dello Stato Pontificio (20 settembre 1870), la coppia si trasferì in Baviera. Francesco morì nel 1894; Maria Sofia si trasferì da Monaco a Parigi, dove visse in una dimora acquistata dal marito nel quartiere di Saint-Mandé.

A Parigi Maria Sofia presiedeva ancora un'informale corte borbonica in esilio: in effetti non cessò mai di sperare nella riconquista dei suoi possedimenti, ormai parte integrante del Regno d'Italia, e giunse fino al punto di stringere contatti con l'ambiente anarchico ostile ai Savoia; conobbe, per esempio, Errico Malatesta e si guadagnò l'appellativo di regina degli anarchici, anche se le sue mire differivano dalle loro: ella sperava infatti di sfruttare l'ostilità verso i monarchi sabaudi per destabilizzare il Regno d'Italia. Voci mai confermate narrano che Maria Sofia avesse avuto molta influenza anche sugli anarchici Giovanni Passannante e Gaetano Bresci, che attentarono - il secondo con successo - alla vita del re d'Italia Umberto I; le testimonianze storiche provano tuttavia che i due agirono individualmente.

Tra gli anarchici con cui ebbe contatti vi fu Angelo Insogna, autore di una biografia di Francesco II e uomo di fiducia della sovrana. Egli venne in Italia come suo emissario nel marzo del 1901, fu presentato a Errico Malatesta e tentò di far evadere il regicida Bresci.[12]

In Francia Maria Sofia coltivò la sua grande passione per i cavalli, le cui gare seguiva in varie località d'Europa, come ad esempio a Londra, dove si appassionò inoltre alla caccia alla volpe.

Durante la Grande Guerra Maria Sofia parteggiò per gli imperi centrali e la loro entrata in conflitto contro l'Italia. Nonostante la sua avversione per i Savoia, Maria Sofia aveva l'abitudine di visitare i campi di militari italiani in prigionia in Germania, cui donava libri e cibo. I soldati italiani erano ignari dell'identità di Maria Sofia, che si presentava all'epoca come una donna anziana (aveva superato i settant'anni), che parlava la loro lingua con un'inflessione mista tedesco-napoletana e che era interessata particolarmente alle notizie provenienti dal Mezzogiorno del Paese. Riferisce al proposito Arrigo Petacco che «…Fra quei soldati laceri ed affamati, lei cerca i suoi napoletani. Distribuisce, come a Gaeta, bons bons e sigari»[13].

Ultimi anni e morte[modifica | modifica wikitesto]

Durante la sua vita, Maria Sofia indusse ammirazione anche tra i suoi accaniti nemici politici. Gabriele D'Annunzio la soprannominò infatti Aquiletta Bavara e Marcel Proust parlò di lei come della regina soldato sui bastioni di Gaeta.

Maria Sofia morì a Monaco di Baviera a causa di una forte polmonite nel 1925. Da maggio 1984 le sue spoglie, insieme a quelle del marito Francesco e di sua figlia, riposano in una cripta della basilica di Santa Chiara a Napoli[14].

Titoli e trattamento[modifica | modifica wikitesto]

  • 4 ottobre 1841 - 3 febbraio 1859: Sua Altezza Reale duchessa Maria Sofia in Baviera
  • 3 febbraio 1859 - 22 maggio 1859: Sua Altezza Reale la duchessa di Calabria
  • 22 maggio 1859 - 27 dicembre 1894: Sua Maestà, la Regina delle Due Sicilie
  • 27 dicembre 1894 - 19 gennaio 1925: Sua Maestà, la regina Maria Sofia delle Due Sicilie

Ascendenza[modifica | modifica wikitesto]

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Guglielmo in Baviera Giovanni di Birkenfeld-Gelnhausen  
 
Sofia Carlotta di Salm-Dhaun  
Pio Augusto in Baviera  
Maria Anna di Zweibrücken-Birkenfeld Federico Michele di Zweibrücken-Birkenfeld  
 
Maria Francesca del Palatinato-Sulzbach  
Massimiliano Giuseppe in Baviera  
Luigi Maria di Arenberg Carlo Maria Raimondo d'Arenberg  
 
Louise Margarete de la Marck-Schleiden, contessa di Vardes  
Amalia Luisa di Arenberg  
Marie Adélaïde Julie de Mailly Louis Joseph de Mailly, marchese di Nesle  
 
Adélaïde Julie d'Hautefort  
Maria Sofia di Baviera  
Federico Michele di Zweibrücken-Birkenfeld Cristiano III del Palatinato-Zweibrücken  
 
Carolina di Nassau-Saarbrücken  
Massimiliano I di Baviera  
Maria Francesca di Sulzbach Giuseppe Carlo del Palatinato-Sulzbach  
 
Elisabetta Augusta Sofia del Palatinato-Neuburg  
Ludovica di Baviera  
Carlo Luigi di Baden Carlo Federico di Baden  
 
Carolina Luisa d'Assia-Darmstadt  
Carolina di Baden  
Amalia d'Assia-Darmstadt Luigi IX d'Assia-Darmstadt  
 
Carolina del Palatinato-Zweibrücken-Birkenfeld  
 

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze bavaresi[modifica | modifica wikitesto]

Dama dell'Ordine di Teresa di Baviera - nastrino per uniforme ordinaria

Onorificenze delle Due Sicilie[modifica | modifica wikitesto]

Dama di Gran Croce di Giustizia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio - nastrino per uniforme ordinaria

Onorificenze straniere[modifica | modifica wikitesto]

Dama dell'Ordine della Croce Stellata - nastrino per uniforme ordinaria
Dama dell'Ordine della regina Maria Luisa - nastrino per uniforme ordinaria
Rosa d'Oro della cristianità - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine Imperiale di San Giorgio di IV grado - nastrino per uniforme ordinaria
«distinzione»
— 21 febbraio 1861

Altre distinzioni[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ I duchi in Baviera discendevano da un ramo cadetto della famiglia Wittelsbach, pertanto il loro predicato dinastico aveva la particella nobiliare "in" (in Bayern) in luogo di "di" (von Bayern).
  2. ^ (DE) Christian Sepp, Ludovika. Sisis Mutter und ihr Jahrhundert, München, August Dreesbach Verlag, 2019, p. 189.
  3. ^ (DE) Christian Sepp (a cura di), Erinnerungen an Großmama. Aufzeichnungen der Amelie von Urach über Herzogin Ludovika in Bayern, München, Allitera Verlag, 2021, p. 87.
  4. ^ Tosti 1947, p. 10.
  5. ^ L'assedio, su fortezzacivitella.it (archiviato dall'url originale il 20 giugno 2012).
  6. ^ a b Quella targa che celebra l'incontro barese tra l'ultimo re borbone e la sorella di "Sissi", in BariReport. URL consultato il 15 settembre 2018.
  7. ^ a b Bari celebra la Principessa Sissi: "160 anni fa qui si sposò la sorella", su la Repubblica, 3 febbraio 2019. URL consultato il 4 febbraio 2019.
  8. ^ Jaeger 1982, p. 204.
  9. ^ Di Fiore 2010, p. 102.
  10. ^ Italo Zannier, Le rivelazioni impunitarie della pentita Costanza Diotallevi, in D. Del Duca (a cura di), Il Risorgimento in Pellicola, Pordenone, IRRSAE Cinemazero, 1991. Ospitato su brigantaggio.net
  11. ^ Le rivelazioni impunitarie di Costanza Vaccari-Diotallevi su Wikisource.
  12. ^ Ugo D'Andre, La fine del Regno, grandezza e decadenza di Vittorio Emanuele III, Società Editrice Torinese, 1951, p. 99.
  13. ^ Petacco 1997, p. 255.
  14. ^ Paolo Guzzanti, Ora Franceschiello riposa in pace, in la Repubblica, 19 maggio 1984. URL consultato l'8 marzo 2017.
  15. ^ Cfr. Reali e papi, su Real Monte ed Arciconfraternita di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi (archiviato dall'url originale il 29 settembre 2019).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Erika Bestenreiner, L'Imperatrice Sissi, Milano, Mondadori, 2003, ISBN 88-04-51248-2.
  • Pietro Calà Ulloa, Un re in esilio, Bari, 1928.
  • Salvatore D'Auria, Il Medagliere dei Re. Le medaglie dal 1735 al 1861, Pozzuoli, 2019.
  • Raffaele de Cesare, La fine di un regno, Napoli, 1869.
  • Raffaele de Cesare, Roma e lo stato del Papa, Roma, 1907.
  • Gigi Di Fiore, Gli ultimi giorni di Gaeta, Milano, Rizzoli, 2010, ISBN 88-17-04316-8.
  • Mario Elia, La regina ribelle, Palermo, Canesi, 1963.
  • Nicola Forte, Viaggio nella memoria persa del Regno delle Due Sicilie. La storia, i fatti, i fattarielli, Ischia, Imagaenaria, 2007, ISBN 88-89144-70-X.
  • Francesco II di Borbone, Da Gaeta ad Arco, diario di Francesco II di Borbone. 1º gennaio 1862 - 24 dicembre 1894, a cura di A. Gentile, Napoli, 1988.
  • Fulvio Izzo, Maria Sofia. Regina dei briganti, Napoli, Controcorrente Edizioni, 2011, ISBN 978-88-89015-93-3.
  • Pier Giusto Jaeger, Francesco II di Borbone. L'ultimo re di Napoli, Milano, Mondadori, 1982.
  • Angelo Mangone, Maria Sofia. L'eroina di Gaeta, l'ultima regina di Napoli, Napoli, Grimaldi, 1992.
  • Diego Mormorio, La Regina nuda, in Nuovi saggi, Milano, Il Saggiatore, 2006, ISBN 9788842811664.
  • Arrigo Petacco, La regina del Sud. Amori e guerre segrete di Maria Sofia di Borbone, Milano, Mondadori, 1997, ISBN 88-04-43391-4.
  • Amedeo Tosti, Maria Sofia. Ultima regina di Napoli, Milano, Garzanti, 1947.
  • Clara Tschudi, Regina Maria Sofia di Napoli, un'eroina dimenticata, Città di Castello, 1914.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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